Le conseguenze del taglio dei tassi sui mercati
La Banca centrale europea ha annunciato il primo taglio dei tassi dopo due anni di aumenti. È una notizia molto importante, ma che non stupisce: le dichiarazioni di vari esponenti della BCE avevano già lasciato intendere che si sarebbe arrivati a questa decisione a giugno e, infatti, i mercati non hanno reagito in maniera particolarmente rilevante al taglio.
Buona parte della novità era infatti già stata assorbita dai mercati nelle settimane precedenti al 6 giugno, quando è stato fatto l’annuncio ufficiale. L’indice composito di Standard & Poor’s sul rendimento dei titoli di stato nell’Eurozona mostra come non siano avvenute variazioni particolarmente rilevanti, se non un leggero rialzo prima del 6 giugno e un altrettanto limitato ribasso dopo l’annuncio.
L’effetto sui mercati è stato comunque poco rilevante. Non solo perché la riduzione dei tassi di interesse è stata piuttosto limitata (0,25 punti percentuali), ma anche perché la decisione della BCE lascia comunque moltissimo spazio all’incertezza. Christine Lagarde e il suo board sono stati infatti molto chiari: il taglio dei tassi di questo mese non si tradurrà necessariamente in una strategia di progressivo abbassamento del costo del denaro. In pratica, il fatto che i tassi siano stati abbassati non significa che continueranno ad abbassarsi anche nei mesi successivi. Per quanto sotto controllo, l’inflazione è infatti ancora oggi al di sopra dell’obiettivo della BCE (l’ultimo dato era al 2,6 per cento nell’Eurozona, contro un target del 2 per cento) e il rischio che torni a crescere è ancora molto concreto.
Questa mancanza di forward guidance, così si definisce in gergo la scelta di una banca centrale di anticipare le proprie decisioni ai mercati, rende ancora piuttosto titubanti gli investitori. Chi opera sui mercati non vuole infatti rischiare di muoversi come se i tassi fossero destinati a scendere, con il rischio che poi questo non avvenga.
La decisione della BCE resta storica, non solo perché segna un primo allentamento di una politica monetaria che era diventata restrittiva con una rapidità che si era vista poche altre volte in passato, ma anche perché, contrariamente a quanto ci si aspettava, la Banca centrale europea non ha aspettato che fossero gli Stati Uniti ad abbassare i tassi per primi.
Il fatto che a innescare l’impennata dell’inflazione fosse stata innanzitutto la crisi energetica, ormai rientrata grazie agli sforzi dell’Unione europea di diversificare le proprie fonti, fa pensare comunque che il percorso di abbassamento dei tassi non si fermi qui, anche se, come detto, è ancora molto difficile prevedere a che livello potrà essere il costo del denaro nei prossimi sei o dodici mesi. Anche il fatto che le economie europee stiano faticando non poco a crescere fa pensare che il rischio di un ritorno dell’inflazione sia più lontano, ma lo spettro della stagflazione, ossia bassa crescita economica e alta inflazione, continua ad aggirarsi per l’Europa.
Per il momento, i mercati reagiscono cauti alla scelta di Lagarde e attendono le sue prossime mosse.
In collaborazione con Pillole di Economia