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21 FEBBRAIO,2023

Panic Selling: Il caso Terra Luna

 

 

L'ancoraggio alla valuta, merce o strumento finanziario viene chiamato “peg”. Molte Stablecoin di successo sono ancorate al dollaro statunitense, sebbene ne esistano anche di legate al valore dell’euro, dello yen, o di metalli preziosi come l’oro.

 

Le tipologie di Stablecoin

Esistono tre tipi di stablecoin, e sono classificate in base al meccanismo utilizzato per mantenere costante il loro valore.

  1. Le stablecoin con collaterale le valute Fiat
    Le “stablecoin con collaterale valute Fiat” (dollaro, euro, yen), devono mantenere una riserva di una o più valute Fiat come garanzia del valore della Stablecoin. Il collaterale è ciò che garantisce il valore dello strumento.

    Tali riserve sono mantenute da depositari indipendenti, ovvero delle aziende regolarmente verificate che garantiscono il valore di queste stablecoin. Assicurano la possibilità di poter sempre scambiare presso di esse una quantità delle rispettive stablecoin, e ricevere in cambio dollari, euro, yen o altre monete in rapporto 1:1.

    Tra le stablecoin con questa tipologia più popolari troviamo USDT e USDC

  2. Le stablecoin cripto-collateralizzate
    Le stablecoin cripto-collateralizzate sono garantite da altre criptovalute. Poiché anche la criptovaluta usata come riserva, o collaterale, può essere soggetta a un'elevata volatilità, tali stablecoin sono “sovra-collateralizzate”. Significa che il valore delle criptovalute detenute come riserva supera il valore della quantità di stablecoin emessa. In questo modo si cerca di garantire una maggiore sicurezza. Una riserva di criptovalute dal valore di $2 milioni potrebbe essere tenuta come riserva per emettere $1 milione in una stablecoin, assicurandosi contro un calo del -50% del prezzo della riserva.

    Ad esempio, la stablecoin Dai (DAI) è ancorata al dollaro statunitense, ma è collateralizzata con Ethereum (ETH) e da altre criptovalute per un valore pari al 150% della quantità della stessa DAI in circolazione. 

  3. Le stablecoin algoritmiche
    Sono diverse dalle altre perché per mantenere stabile il loro valore, controllano la loro offerta sul mercato con un algoritmo. In pratica, la stabilità del valore di una stablecoin non è garantita esclusivamente da una riserva di valore, ma è ottenuta parzialmente attraverso un programma informatico che interagisce con la moneta.

    Il programma esegue formule prestabilite che hanno la funzione di riportare il valore della stablecoin al suo equilibrio. Se l’offerta della crypto sale eccessivamente, l’algoritmo prevede di “bruciare” la quantità in eccesso, viceversa, se l'offerta è più scarsa della domanda, vengono creati automaticamente più token.

    UST, ad esempio, è il più classico esempio di stablecoin algoritmica non collateralizzata.

Il crollo di Terra Luna

L’attenzione verso le stablecoin e la loro stabilità si è alzata dopo l’attacco all’ecosistema Terra Luna di maggio ‘22 che ha portato uno dei progetti crypto più acclamati a collassare nel giro di poche ore.

L’ecosistema creato dall’imprenditore di origini coreane Do Kwon era composto dalla Stablecoin algoritmica UST e dalla cryptovaluta collateralizzata LUNA. Le due crypto erano legate tra loro in maniera indissolubile. Ma in che modo?

 

Il funzionamento di UST

Per mantenere la stabilità di una stablecoin come TerraUSD (UST), il valore in dollari di LUNA avrebbe dovuto essere convertibile in rapporto 1:1 nel token UST.

Se, ad esempio, il prezzo di UST fosse sceso a $0,98, sarebbe stato possibile guadagnare, vendendo $1 di LUNA e comprando 1 UST. In questo modo si sarebbero ottenuti $0,02 centesimi di profitto. Così facendo sarebbe aumentato però la domanda di UST (tutti lo avrebbero voluto ad un prezzo scontato).

Per riequilibrare la situazione, esisteva un algoritmo capace di distruggere una parte degli UST in circolazione per ridurre l’offerta. In questo modo si sarebbe portato automaticamente il prezzo a crescere nuovamente fino a $1. Nel caso opposto in cui UST avesse superato 1$ di valore (ad esempio a 1,02$) si sarebbe stati incentivati a convertire 1$ di LUNA con 1 UST, ottenendo $0,02 di guadagno.

L'offerta di UST sarebbe aumentata e la domanda di LUNA sarebbe diminuita. In questo caso l’algoritmo avrebbe bruciato dei LUNA per riportare il prezzo di UST in equilibrio.

 

Ma cos’è successo?

Nel mese di maggio, l’alta volatilità sul mercato, unitamente allo spostamento di liquidità di UST per l'attivazione di una nuova funzionalità dell'ecosistema, hanno fatto sì che si innescasse nervosismo attorno a UST. Un attacco esterno da parte di grossi investitori ha inoltre portato ulteriore squilibri.

Questa serie di coincidenze ha indotto i trader e gli investitori a vendere molti UST in un brevissimo lasso di tempo, portando l'algoritmo che avrebbe dovuto garantire la stabilità del sistema a collassare. Il sistema non è infatti più riuscito a gestire l'equilibrio degli scambi UST-LUNA. Ciò ha portato ad una spirale di vendite che ha fatto crollare sia il prezzo di LUNA, che quello di UST. Proprio la sera dell’attacco, la Terra Foundation stava effettuando dei prelievi da uno degli exchange decentralizzati più importanti del mondo delle criptovalute, in vista dell’ aggiornamento di funzionalità che sarebbe dovuto avvenire nel giro di pochi giorni.

La rimozione di liquidità dall’exchange ha fatto in modo che servisse meno capitale per sbilanciare gli scambi di UST tramite manipolazione. Gli attori dietro questa mossa sono ancora ignoti, ma sicuramente la taglia dell’operazione (sono stati movimentati oltre $5 miliardi) fa pensare a delle figure istituzionali, che potrebbero essere sia interne che esterne al mondo crypto.

Bisogna considerare che UST stava attirando le invidie di molti operatori del mercato tradizionale, visto che ai suoi massimi LUNA capitalizzava quanto una grossa banca ($130 miliardi). Anche nel mercato crypto si era fatta parecchi nemici, visto che con la sua risonanza aveva oscurato molti altri progetti di stablecoin.

 

Il futuro delle stablecoin

Dopo quello che è successo a UST, ci si domanda se anche altre stablecoin come Tether, la più utilizzata attualmente, possano avere problemi con il suo peg col dollaro. Ciò non sembrerebbe possibile, vista la differenza sostanziale tra UST e USDT.

Non è possibile che USDT perda il peg come ha fatto UST, non essendo il suo valore affidato a un algoritmo e ai partecipanti al mercato, bensì garantito da un ente centrale: l’azienda che emette la stablecoin e garantisce sempre uno scambio 1 USDT:$1. Il problema che potrebbe avere USDT si porrebbe però nel caso la compagnia si dimostrasse incapace di garantire il peg, ad esempio non riuscendo a scambiare una certa quantità di USDT per dollari americani.

Dalla sua fondazione nel 2014, Tether è stata oggetto di continue controversie a causa della mancata presentazione di bilanci certificati che dimostrino di disporre di riserve adeguate a sostegno di USDT. USDT è infatti un organismo interamente centralizzato. Le riserve sono detenute da Tether e gli utenti non hanno voce in capitolo riguardo alle decisioni dell’azienda stessa. Tether, inoltre, non lascia interamente i fondi fermi, ma li investe per la maggior parte. Per ogni investimento conserva solo una piccola parte a garanzia. Questa garanzia è detta “riserva frazionaria”: una parte del collaterale resta effettivamente in deposito, mentre l’altra parte viene investita in svariati modi. In più USDT ha incassato molte critiche riguardo la scarsa trasparenza.

Secondo alcuni l’assenza di audit e il continuo spostamento delle proprie sedi denota la volontà di sfuggire alle regolamentazioni statali. Il crollo di Terra-LUNA ha impattato pesantemente sulla credibilità delle stablecoin. Nonostante il difficile momento per tutto il comparto crypto, in calo da inizio anno, certamente il settore è destinato a crescere.

Sono sempre di più gli utenti e le aziende che si interfacciano con il mondo crypto, ma ora più che mai è richiesta una maggiore attenzione, ed è necessario selezionare in maniera oculata i giusti progetti per non rimanere scottati.

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